DETTAGLI E CURIOSITA' SUL FILM
Nelle intenzioni iniziali, il film avrebbe dovuto essere ambientato negli Stati Uniti ed intitolarsi “Blood Relations”. Cambiare idea talvolta si rivela un’idea vincente …
Pupi Avati racconta di aver avuto l'idea per la realizzazione del film da un episodio della sua infanzia. Nel comune dove risiedeva fu infatti aperta la tomba di un prete, ma i resti rinvenuti appartenevano misteriosamente ad una donna. La zia del regista, per farlo star buono quando era bambino, lo minacciava del possibile arrivo del "prete donna".
Le riprese del film durarono circa 5 settimane con una troupe di non più di 12 persone esclusi gli attori.
Il ruolo di Francesca avrebbe dovuto essere interpretato da Mariangela Melato, già molto famosa per i film girati con Lina Wertmuller, ma rinunciò probabilmente per l'eccessivo basso profilo della pellicola che le fu proposta. La scelta della debuttante Francesca Marciano fu assai coraggiosa.
L'affresco del Martirio di San Sebastiano e tutti i quadri di Buono Legnani che Poppi mostra a Stefano (Lino Capolicchio) sono stati realizzati da Antonio Avati e dal Taglietti, pittore nonché cugino di Michelangelo Antonioni. I soggetti sono tratti da alcuni scatti del fotografo ferrarese Michelangelo Giuliani.
La voce registrata di Buono Legnani è in realtà di Gianni Cavina.
Le bocche sorridenti dipinte sulla parete esterna della casa di Buono Legnani sono opera di Antonio Avati e di un giovane studente di Architettura americano. Vennero realizzate mentre Pupi Avati girava altre scene in altre locations. Sulla parete laterale a quella delle bocche, disegnarono anche un numero 7 in nero su sfondo bianco ma non è chiaro il motivo.
Cesare Bastelli, l'aiuto regista di Pupi Avati, racconta che il prete (vero) di San Giovanni in Triario accettò di mettere a disposizione la chiesa per le riprese, ma quando successivamente vide il film, non gli piacque affatto.
La mano che si appoggia sull’albero prima che comincino a scorrere i titoli di coda è di Pupi Avati.
I giochi d'ombra in tutto il film sono di Antonio Avati.
Pupi Avati ha recentemente dichiarato che cambierebbe volentieri la scena più truculenta della soffitta dove le sorelle del pittore infliggono le coltellate alla loro ultima vittima. Il regista sostiene che l’eccessivo dettaglio delle lame che penetrano la carne fosse uno stereotipo che i film di quel genere esigevano e quindi dovette piegarsi alle logiche di mercato. Anche con minori dettagli (realizzati pure male, aggiungo io) la scena non avrebbe perso, a suo dire, peso ed efficacia.

 

ANEDDOTI DAL SET
Per simulare la muffa sul Martirio di San Sebastiano, il responsabile del trucco Giovanni Amadei utilizzò una banalissima schiuma da barba.
Pupi Avati chiese a Lino Capolicchio di farsi crescere la barba per apparire più "intellettuale".
Alle 21:06 del 6 maggio 1976 ci furono le prime terribili scosse di terremoto in Friuli e la troupe si trovava a Comacchio davanti al finto Albergo Italia per girare la scena dell’omicidio di Antonio Mazza che viene spinto dal balcone del palazzo. Cesare Bastelli ricorda che le scosse furono talmente forti che le campane della chiesa a pochi metri di distanza si misero a suonare da sole.
Lino Capolicchio ricorda che durante una pausa della scena in cui, ferito, cerca aiuto per le vie di Comacchio a bordo del side-car, fu costretto ad andare in farmacia per acquistare una medicina. Entrò con i vestiti sporchi di sangue e spaventò a morte farmacista e presenti.
Per le scene con il sangue fu utilizzato sangue di bue, più scuro ma simile a quello umano.
Lino Capolicchio non sapeva guidare né automobili né motociclette. Avati risolse il problema trainando con alcune corde il side-car per le inquadrature in primo piano ed utilizzando una controfigura per le inquadrature a campo lungo.

 

ERRORI
Il cadavere del pittore viene conservato all’interno di una teca trasparente contenente un liquido che una delle due sorelle chiama "formalina", una sostanza che però non è in grado di conservare un cadavere. La sostanza è in realtà la "formaldeide".
Buono Legnani  (il pittore pazzo) sembra abbia contratto la sifilide attraverso le tempere che lui mescolava direttamente sul braccio. Forse a quei tempi non si sapeva ancora ma questa malattia non si può trasmettere con questa modalità.
Nella scena in cui Coppola, nuovamente ubriaco, viene buttato fuori dal ristorante finisce contro un tavolo e si sente un rumore di vetri in frantumi ma sul tavolo si scorge una bottiglia integra che traballa soltanto.
Quando Coppola viene ripescato cadavere dal fiume, è fatale un primo piano dove si notano chiaramente le palpebre che si muovono.
Quando le sorelle Legnani torturano ed uccidono la loro ultima giovane vittima maschile, alcune coltellate  sono inflitte con un movimento troppo poco realistico, quasi al rallentatore. Inoltre si nota con facilità la lama retrattile del coltello.
Fa sorridere il cadavere di Buono Legnani  che, suicidatosi dandosi fuoco quarant’anni prima, mostra i tessuti lacerati e mal conservati ma i bulbi oculari sono praticamente come nuovi.
Buono Legnani è morto suicida quarant’anni prima, quindi le bocche sorridenti che ha dipinto lui stesso non possono essere  più giovani. Tuttavia, a giudicare dall’intensità dei colori, le bocche sembrano disegnate da pochissimo. Inoltre è possibile ma poco probabile che la casa avesse  già perso cosi tanto intonaco, eppure buona parte delle labbra è disegnata sull’intonaco mentre la rimanenza (freccia sulla foto) sui mattoni sottostanti.
Nella scena in cui Lino Capolicchio  sta per far ascoltare la voce registrata di Buono Legnani a Gianni Cavina, quest’ultimo esclama: ”le sorelle sono delle gran troie !”. Evidentemente l’esclamazione è stata aggiunta successivamente perché  Cavina, inquadrato,  non apre bocca.

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Alcuni degli aneddoti raccontati dai protagonisti sono tratti dal libro “Nero Avati – Visioni dal Set” di Ruggero Adamovit, Claudio Bartolini e Luca Servini. Ed. Le Mani